L’impatto considerevole dell’industria tessile sul nostro pianeta è evidente nei dati rivelati dall’Agenzia europea dell’ambiente per l’anno 2023. Nel 2020, ogni persona nell’Unione europea ha utilizzato circa 400 metri quadrati di terreno e consumato 9 metri cubi di materie prime, totalizzando 391 kg, di cui 270 kg di impronta carbonica.

Questa onnipresenza del tessile nella nostra vita quotidiana, sia nei nostri vestiti, nelle nostre auto, nei nostri lenzuoli e molto altro ancora, sottolinea l’entità del suo impatto sull’ambiente. Tuttavia, questa constatazione allarmante si rafforza quando si esamina l’impatto ambientale specifico della produzione tessile. Infatti, questa industria è responsabile di circa il 20% dell’inquinamento mondiale delle acque, principalmente a causa dei processi di tintura e finitura. Inoltre, il lavaggio dei vestiti in poliestere genera microplastiche che contaminano la catena alimentare, contribuendo ogni anno alla presenza di oltre 14 milioni di tonnellate di microplastiche negli oceani.

La moda stessa aggrava questi problemi rappresentando il 10% delle emissioni globali di carbonio, emettendo oltre 968 milioni di tonnellate di CO2 nel 2023; superando addirittura le emissioni combinate dei voli internazionali e del trasporto marittimo. Inoltre, il 4% dell’acqua potabile mondiale è utilizzato dall’industria tessile, classificandola come la terza industria più grande consumatrice d’acqua al mondo. La sfida principale che dobbiamo affrontare risiede nel basso tasso di riciclaggio degli abiti usati, che si attesta solo all’1%. Questa constatazione lascia che il 99% degli abiti usati finisca nelle discariche, esacerbando i problemi ambientali e venendo esportato verso i paesi asiatici e africani.

Fronteggiando questa situazione, emerge la soluzione della “moda circolare”, promuovendo la riutilizzazione, il riciclo e il restauro degli abiti. Start-up e associazioni si impegnano in questo processo offrendo servizi come la raccolta e il riciclo degli abiti usati, la vendita a prezzi accessibili, e persino la distribuzione gratuita a coloro che ne hanno bisogno. Un esempio di associazione che possiamo citare lottando contro l’inquinamento della moda è DRESSED, un’associazione creata da giovani francesi che raccoglie i vestiti in eccesso e li offre gratuitamente agli studenti bisognosi. 

 

Queste iniziative mirano non solo alla sostenibilità ambientale, ma anche a un impatto sociale significativo favorendo una comunità più solidale e durevole.

Contribuiscono alla riduzione dei rifiuti tessili, a un uso più parsimonioso dell’acqua, sensibilizzano sulla sostenibilità e promuovono l’uguaglianza. Per trasformare veramente l’industria della moda, le aziende devono innovare utilizzando materiali meno inquinanti e minimizzando le eccedenze di produzione.

 

 Sono necessarie regolamentazioni governative per spingere le imprese a integrare i criteri ESG (Ambiente, Sociale, Governance) nelle loro strategie. L’obiettivo chiaro di questa trasformazione è raggiungere la sostenibilità entro il 2030. Ciò richiede una stretta collaborazione tra tutte le parti interessate per apportare un cambiamento significativo nell’industria della moda e garantire un futuro più sostenibile per il nostro pianeta

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