Nel cammino verso la neutralità climatica al 2050, l’Unione Europea si muove a ritmo sostenuto. Secondo la recente valutazione della Commissione Europea sui Piani Nazionali Energia e Clima (PNIEC), pubblicata a fine maggio 2025, l’insieme delle politiche annunciate dagli Stati membri consentirebbe di raggiungere una riduzione delle emissioni del 54% entro il 2030 rispetto ai livelli del 1990. Un traguardo ambizioso ma alla portata, a patto che gli Stati diano piena attuazione alle misure previste. Tuttavia, il quadro non è uniforme: mentre alcuni Paesi si dimostrano pienamente allineati con la traiettoria climatica dell’UE, altri – come l’Italia – mostrano significativi ritardi in settori strategici come i trasporti, l’edilizia e la governance normativa.

Come riportato da ECCO, il think tank italiano per il clima, la Commissione riconosce il miglioramento generale rispetto alle versioni preliminari dei piani presentate nel 2023. Tuttavia, sottolinea che “permangono lacune significative” nella concreta implementazione delle strategie, soprattutto in relazione all’equità sociale della transizione e alla coerenza tra investimenti pubblici e obiettivi climatici. In questo contesto, l’Italia è tra i Paesi più attenzionati.

Trasporti: un’ambizione non sostenuta dalla realtà

Il settore dei trasporti rappresenta uno dei principali nodi critici. Il piano italiano prevede una riduzione delle emissioni del comparto attraverso la diffusione accelerata di veicoli elettrici e l’uso estensivo di biocarburanti entro il 2030. Tuttavia, come sottolinea la Commissione, “gli obiettivi italiani risultano poco credibili” in relazione alla composizione attuale del parco circolante, ancora fortemente dipendente da veicoli a combustione, e alla quota marginale che i biocarburanti ricoprono nel mix energetico nazionale. Inoltre, è contraddittorio che nel piano vengano ancora previsti incentivi per veicoli alimentati a combustibili fossili o per navi non elettrificate, nonostante l’urgenza di decarbonizzare il trasporto pesante e marittimo.

Edilizia: ristrutturare per decarbonizzare, ma i numeri sono insufficienti

Anche l’edilizia residenziale e commerciale si conferma un’area critica. L’Italia registra uno dei più alti livelli di inefficienza energetica del patrimonio edilizio in Europa. La Commissione osserva che “l’attuale tasso di ristrutturazione degli edifici è ben al di sotto del livello necessario per raggiungere gli obiettivi 2030”, soprattutto per quanto riguarda gli edifici occupati da famiglie vulnerabili e quelli con le peggiori classi energetiche. Il piano nazionale auspica una maggiore elettrificazione del riscaldamento, ma al momento manca un piano dettagliato di investimento in pompe di calore e tecnologie a basso impatto. L’Italia continua inoltre a incentivare l’utilizzo del gas metano per il riscaldamento domestico, rallentando la transizione verso fonti rinnovabili.

Governance climatica: assente una legge quadro

Un ulteriore elemento di criticità evidenziato dalla Commissione è l’assenza, in Italia, di una legge quadro sul clima. Come ribadito da ECCO, senza una cornice normativa chiara, il PNIEC italiano rischia di rimanere una dichiarazione d’intenti, priva degli strumenti giuridici e istituzionali necessari per guidarne l’attuazione. L’Italia è tra i pochi grandi Paesi europei a non essersi dotata di un impianto legislativo stabile che disciplini responsabilità, obiettivi intermedi, strumenti di monitoraggio e meccanismi di sanzione.

Rinnovabili: buoni risultati ma servono accelerazioni

Nel campo delle energie rinnovabili si registrano risultati incoraggianti, ma ancora insufficienti. L’Italia ha installato 13,2 GW di nuova capacità rinnovabile tra il 2023 e il 2024, in linea con gli obiettivi di breve termine. Tuttavia, per raggiungere il target di +70 GW entro il 2030 previsto dal PNIEC, il tasso di installazione dovrà rimanere costante o aumentare nei prossimi anni. Il piano dovrà affrontare anche il nodo della rete: la Commissione segnala la necessità di rafforzare le infrastrutture elettriche nazionali e le interconnessioni transfrontaliere, in particolare tra Sud e Nord del Paese, per evitare congestioni e dispersioni.

Sussidi ai fossili: una transizione ancora ambigua

Altro aspetto critico è quello dei sussidi ai combustibili fossili. Come sottolinea il think tank ECCO, “la maggioranza degli Stati membri non fornisce ancora un elenco completo dei sussidi ai fossili né un piano per eliminarli gradualmente”. L’Italia si limita a menzionare una lista parziale di sussidi “inefficienti”, per un valore inferiore ai 2 miliardi di euro, senza chiarire né la metodologia utilizzata per individuarli né un calendario per il phase-out. Questo elemento mina la coerenza complessiva del piano con gli obiettivi di decarbonizzazione.

Transizione giusta: attenzione ai lavoratori, ma manca la strategia

Infine, la Commissione segnala una debolezza strutturale nell’analisi dell’impatto sociale della transizione. Il PNIEC italiano menziona l’importanza di rafforzare le competenze nei settori strategici della transizione verde, ma non fornisce dati concreti sugli effetti occupazionali, né sugli strumenti per mitigare le disuguaglianze che la trasformazione economica potrebbe generare. Mancano, ad esempio, indicatori specifici per la preparazione dei Piani Sociali per il Clima, attesi a livello europeo entro giugno 2025.


La fotografia scattata dalla Commissione Europea è chiara: l’Italia non è fuori traiettoria, ma serve un’accelerazione netta su più fronti. La sfida non è solo ambientale, ma anche economica e sociale. Come osserva il rapporto, “una transizione ben gestita può generare benefici in termini di occupazione, innovazione e riduzione della povertà energetica”. Tuttavia, per coglierli, è necessario che l’Italia colmi rapidamente i suoi ritardi strutturali, adottando una governance normativa efficace, investendo nella rete e nei settori ad alta intensità di emissioni, e garantendo che nessuno venga lasciato indietro.

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