L’Aia, giugno 2025 – Nel cuore dei Paesi Bassi si è svolto uno dei vertici NATO più strategicamente delicati degli ultimi anni. Alla presenza dei leader dei 32 Stati membri, l’Alleanza Atlantica ha definito un nuovo quadro di priorità difensive, riaffermando con fermezza l’impegno all’Articolo 5 del Trattato del Nord Atlantico, pietra angolare della sicurezza collettiva.
L’Articolo 5, parte del trattato firmato a Washington il 4 aprile 1949, stabilisce che un attacco armato contro uno o più membri della NATO sarà considerato un attacco contro tutti. In tal caso, ciascun Paese membro si impegna a intraprendere le azioni ritenute necessarie, incluse quelle armate, per ripristinare e garantire la sicurezza dell’Alleanza. L’invocazione dell’Articolo 5 è avvenuta solo una volta nella storia della NATO, in seguito agli attentati dell’11 settembre 2001 negli Stati Uniti. Al vertice dell’Aia, i leader hanno riaffermato questo principio come fondamento irrinunciabile dell’Alleanza, in un contesto geopolitico segnato da instabilità, guerre ibride e minacce cyber.
Ma accanto a questa riaffermazione simbolica, il vertice ha prodotto una decisione concreta e rivoluzionaria: l’innalzamento dell’obiettivo di spesa per la difesa al 5% del PIL entro il 2035.
Difesa e sviluppo sostenibile: un equilibrio necessario
L’annuncio non è passato inosservato. In un’epoca segnata dalla crescente interdipendenza tra difesa e resilienza civile, dai cyber-attacchi ai sabotaggi energetici, dalle guerre ibride alle crisi ambientali, la sicurezza collettiva torna al centro del dibattito geopolitico.
Tuttavia, all’interno della cornice dell’Agenda 2030 e in particolare dell’Obiettivo 16 , che promuove società pacifiche e inclusive, accesso alla giustizia e istituzioni responsabili , questo orientamento apre una riflessione critica: può la pace essere garantita attraverso il riarmo?
Il Segretario generale Mark Rutte, al suo primo vertice da leader dell’Alleanza, ha sottolineato che “rafforzare la difesa non è una scelta aggressiva, ma un investimento nella stabilità delle nostre democrazie”. In quest’ottica, parte dei fondi destinati al nuovo target saranno impiegati anche per la cyber-sicurezza, la protezione delle infrastrutture critiche e l’adattamento delle società alle minacce non convenzionali

Una NATO più forte, ma anche più divisa
Il nuovo obiettivo del 5% è suddiviso in due componenti: il 3,5% per la spesa militare diretta e l’1,5% per progetti di resilienza e sicurezza ibrida. L’accordo è stato però raggiunto con fatica. Spagna, Belgio e Lussemburgo hanno manifestato forte preoccupazione per l’impatto economico della misura. La Spagna ha ottenuto una deroga parziale, impegnandosi a mantenere il proprio sforzo al 2,1%, mentre altri Paesi hanno chiesto una clausola di revisione entro il 2029.
Parallelamente, i Paesi baltici e la Polonia hanno fatto pressione per l’approvazione di un piano di dispiegamento rapido in caso di aggressione alla frontiera orientale, evidenziando il timore crescente di una nuova escalation con la Russia, a seguito degli sviluppi nel conflitto ucraino.
Sicurezza collettiva e SDGs: convergenze e contraddizioni
Dal punto di vista della sostenibilità, il vertice della NATO offre uno spunto complesso. Da un lato, la centralità della governance internazionale, della cooperazione multilaterale e del rafforzamento istituzionale sono perfettamente coerenti con il Goal 16. Dall’altro lato, l’aumento massiccio delle spese militari potrebbe ridurre gli spazi di manovra per investimenti in politiche sociali, sanitarie e ambientali.
Le organizzazioni della società civile e alcuni parlamentari europei hanno espresso timori sul possibile squilibrio tra sicurezza militare e sicurezza umana, richiamando l’attenzione sull’interconnessione tra pace, giustizia, accesso ai diritti e sviluppo economico sostenibile.
In risposta, alcuni leader, tra cui il presidente francese e il primo ministro canadese, hanno proposto la creazione di un fondo transatlantico per la pace sostenibile, alimentato da parte dei fondi di resilienza, da destinare a progetti di cooperazione civile nei Paesi in conflitto e nelle aree vulnerabili.
Verso una NATO verde e digitale?
Oltre alla spesa, l’Alleanza ha annunciato una nuova roadmap climatica, che include l’obiettivo di ridurre le emissioni di CO₂ delle forze armate del 50% entro il 2040. Questo impegno rafforza il collegamento tra sicurezza e sostenibilità, anticipando una trasformazione ecologica e digitale della difesa.
La digitalizzazione della sicurezza, con investimenti in intelligenza artificiale, early warning system e tecnologie di sorveglianza predittiva, è stata citata come elemento chiave per rendere le società più resilienti e meno esposte a minacce sistemiche.
Il vertice NATO di giugno 2025 rappresenta un momento di svolta nel dibattito sulla pace globale. Il rilancio dell’Articolo 5 e il nuovo target di spesa al 5% testimoniano un ritorno alla difesa collettiva come pilastro della stabilità. Tuttavia, nell’epoca dell’Agenda 2030, la sfida più grande resta integrare questo nuovo corso strategico con gli obiettivi della sostenibilità, della giustizia e della coesione sociale. Il futuro della pace, forse, non passerà solo dai bilanci della difesa, ma dalla capacità di ripensare la sicurezza come bene pubblico globale.